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Gabriele Basilico: I suoi paesaggi urbani

Oggi vogliamo parlare di Gabriele Basilico, se non l’hai mai sentito nominare sicuramente avrai visto una sua foto e non ne eri a conoscenza, ma Basilico è uno dei fotografi di paesaggi urbani più conosciuti e importanti del mondo. Nasce a Milano nel 1944 e si laurea in architettura nel 1973 scopre subito che la sua vera passione è la fotografia ed abbandona tutti gli studi per dedicarsi ad essa. È rimasto comunque nella memoria del mondo degli architetti, tanto da dedicargli un premio “Architetti Gabriele Basilico”.

Gli inizi di Gabriele Basilico

Inizialmente si dedica alle denunce sociali per poi dedicarsi completamente ai paesaggi a cavallo degli anni 1970 e 1980 con il suo primo successo internazionale “Milano, ritratti di fabbriche”. Da quel momento Gabriele Basilico inizia ad essere apprezzato in tutto il mondo, addirittura nel 1984 viene “arruolato” dal governo francese per “Mission Photographique de la Datar”, un progetto della francia per documentare la trasformazione dei paesaggi. È l’unico italiano selezionato in mezzo a centinaia di fotografi e gli viene assegnata la tematica “Bord de mar”.

Ti stai ancora domandando perché è uno dei fotografi più famosi della storia?

La biografia di Gabriele Basilico

Un evento molto importante avviene nel 1991 quando prende parte al progetto fotografico per la “memoria di Beirut” devastata dalla guerra civile e dal conflitto libanese. Oltre a Gabriele Basilico in questo progetto ci sono anche Robert Frank, Raymond Depardon, Fouad Elkoury, Joseph Koudelka e Rene Burri. Queste foto scattate sono state per lui la definitiva consacrazione internazionale, da quel momento fino alla morte nel 2013 realizza reportage fotografici in tutto il mondo:

  • Berlino
  • Rio de Janeiro
  • Shangai
  • Instanbul
  • Roma
  • Silicon Valley
  • Le valli del Trentino
  • Mosca

Tutte mete documentate con il suo stile che racconta le trasformazioni e pubblicate in oltre 60 libri personali. Le sue foto sono state esposte davvero in tutte le parti del mondo.

Lo stile

Foto di Gabriele Basilico

Lo stile di Gabriele Basilico è molto incentrato sulle trasformazioni del paesaggio contemporaneo, notare l’architettura delle aree urbane e gli spazi architettonici nella loro creatività. Fu il primo ad avere questo stile fotografico, testimoniare le modifiche del territorio è diventata negli ultimi anni quasi una moda, ma lui fu davvero il precursore.

Inizialmente ha seguito l’esempio del suo maestro Gianni Berengo Gardin fotografando le manifestazioni, i cortei, gli operai e tutti i movimenti di coscienza politica. Solo dopo qualche anno si evolve il suo stile in quello definitivo, quello che Gabriele Basilico ha sempre definito come “un misuratore di spazio”

Le città sono il frutto dell’opera dell’uomo e le trasformazioni sociali ed economiche hanno trasformato qualsiasi spazio urbano in tutte le sue forme, Basilico nelle sue foto ha cercato di raccontare proprio questo.

Creando così il suo stile immediato nel riconoscere le città, le sue foto raccontano la complessità urbana che può ricordare vagamente Walker Evans. Una sua particolarità è la quasi assenza totale della figura umana come soggetto nelle sue composizioni. “Le presenze umane distraggono dalla forma degli edifici e dello spazio, per questo tendo ad aspettare sempre che non ci sia nessuno”

Gabriele Basilico e il suo stile fotografico

“la presenza di una sola persona enfatizza il vuoto e fa diventare un luogo ancora più vuoto. Mentre se lo fai vuoto e basta, allora diventa spazio metafisico, alla Sironi o alla Hopper”. “

I libri di Gabriele Basilico

Le trasformazioni delle città di Gabriele Basilico

Le frasi più famose

Cerco di creare un dialogo con il luogo: io lo esploro, lui mi rimanda delle cose.

Intervista più famosa

L’intervista a gabriele basilico più bella e famosa di sempre è senza dubbio quella del Festival Internazionale di Roma 2005 riguardo a Beirut 1991.

Qui sotto un piccolo estratto:

Come mai presenta un lavoro “datato”?
Mi chiedono queste fotografie sia per esporle in mostre d’arte, sia per pubblicarle allo scopo di documentare le vicende dell’architettura, più in questi ultimi anni che all’epoca. Forse perché è un lavoro che si è storicizzato. E’ diventato un simbolo.


Per quanto tempo è rimasto a Beirut nel 1991? C’era mai stato prima?
Sono rimasto tre settimane. No, non c’ero mai stato prima. Però avevo visto alcune cartoline della Beirut favolosa da “Mille e una Notte”, soprattutto degli anni Venti e Trenta. René Burri, che faceva parte del gruppo di fotografi coinvolti nel progetto, (eravamo sei in tutto: Robert Frank, René Burri, Josef Koudelka, Raymond Depardon, Fouad Elkoury, e io) e stava nel mio stesso albergo, aveva portato con sé delle fotografie di Beirut degli anni ’50. In quelle foto si vedevano alberghi lussuosi, tipo il Fenix, con colonne e mosaici, tante persone, bellissimi abat-jour e night club. Mentre io due anni fa ho sono tornato sul posto e ho fatto il lavoro sulla Beirut del dopo, lui aveva quello sulla Beirut di prima della guerra. E’ fantastico! Sarebbe interessante vedere le tre sezioni del tempo: la Beirut favolosa, quella della guerra, e quella attuale dalla dimensione post moderna, una sorta di Las Vegas.

A parte con Burri, ha avuto modo di confrontarsi con gli altri fotografi?
No, perché non eravamo lì contemporaneamente. Ci avevano dato un limite di tempo – l’autunno del ’91, senza superare il mese di dicembre – perché era in programma un libro e una mostra, finanziati dalla Fondazione di Rafik Hariri, l’ex primo ministro morto di recente nell’attentato, su progetto della scrittrice libanese Dominique Eddé. Eravamo liberi di andare dove volevamo all’interno di un perimetro, che era quello della distruzione. Ai bordi di questo perimetro la distruzione era sempre meno evidente, finché come in una specie di tessuto cicatriziale diventava un tessuto normale, quello del Mediterraneo. Del resto anche in molte città italiane è così. Nella stessa Milano ci sono ancora oggi delle cicatrici della città che risalgono alla seconda guerra mondiale.

Per leggere il resto dell’intervista ti rimando al link ufficiale su Cultframe.

Alessio Fabrizi
Alessio Fabrizi
Alessio Fabrizi, fondatore di Fotografia Moderna dal lontano 2015 con l'obiettivo di creare una community unita di fotografi italiani. Cerco sempre notizie che possano interessare gli appassionati di fotografia, mi diverto a fare recensioni di attrezzature fotografiche e consigliare con guide all'acquisto le migliori alternative sul mercato per dare ai fotografi un'alternativa migliore, magari anche ad un prezzo conveniente! Iniziata come passione, Fotografia Moderna è diventata in poco tempo uno dei portali più cliccati d'Italia arrivando a raggiungere più di 1 milione di lettori.
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