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Luigi Ghirri: La continua ricerca della metafisica

Nato a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, nel Gennaio del 1943, Luigi Ghirri trascorse un’infanzia rustica nelle campagne emiliane che ricorda con affetto e dove visse fino all’età di 18 anni.

Durante gli anni della giovinezza, il suo interesse per il mondo delle immagini crebbe costantemente, grazie al cinema itinerante e ai libri illustrati disponibili all’epoca. Nel 1960, si trasferì a Modena dove iniziò a lavorare per un’agenzia immobiliare, ma contemporaneamente nutriva una forte curiosità per la fotografia e leggeva molti libri sull’argomento. Il suo percorso fotografico iniziò nel 1969, ma procedette lentamente a causa dei debiti e della mancanza di soldi.

Nonostante ciò, riuscì a fondare la sua casa editrice nel 1974, che gli permise di pubblicare il suo primo libro, “Kodachrome“. La sua prima esposizione attirò l’attenzione di alcuni critici che apprezzarono il suo lavoro. Negli anni successivi, la sua fama crebbe e così ebbe la possibilità di conoscere altri fotografi italiani come Franco Fontana e altri intellettuali, maestri ed artisti, come il grande architetto Aldo Rossi e il cantante Lucio Dalla, con cui diventò molto amico.

Dalla riuscì a convincerlo a seguirlo in una delle sue tournée negli Stati Uniti, ma Ghirri amava troppo il suo paese e desiderava solo tornare in Italia. Dopo il breve soggiorno negli Stati Uniti, Ghirri tornò in Italia e non si allontanò mai più. La sua esperienza dimostra che spesso non serve guardare lontano per trovare il proprio mondo.

Luigi Ghirri morì a soli 49 anni, stroncato da un infarto. Oggi, una fondazione che porta il suo nome si dedica alla tutela e alla diffusione della sua enorme collezione fotografica: https://www.archivioluigighirri.com/ da dove sono prese anche le foto che ho riportato qui sotto.

La vita di Luigi Ghirri

Luigi Ghirri è stato uno dei grandi fotografi concettualisti e quasi surrealisti della sua generazione. La sua vasta collezione di fotografie conta più di 150.000 scatti, distribuiti in oltre trenta raccolte, e si caratterizza per la grande varietà di soggetti catturati dalla sua attenzione. Ghirri è stato un fotografo incostante e distratto, che amava iniziare nuovi progetti che spesso rimanevano incompiuti. Per lui, la fotografia rappresentava un progetto dinamico, una ricerca destinata a non concludersi mai.

Sebbene fosse particolarmente celebre per i suoi paesaggi, Ghirri era in realtà uno studioso delle forme e della semplicità, e questi elementi costituivano la base fondamentale della sua visione della realtà. La sua semplicità, associata ad un ricercato minimalismo e alla purezza delle immagini, creava un senso di libertà che mirava a trascendere la forma ed invitava alla riflessione metafisica o filosofica.

Il paesaggio visto attraverso gli occhi di Ghirri assumeva connotati nebulosi e sfumati, con i bordi delle figure che si facevano quasi eterei. I soggetti ritratti erano spesso lontani e la percezione del vuoto diventava l’elemento più invadente. Fondamentale per rinforzare questa visione era l’uso del colore: le tonalità pastello e insature che contraddistinguevano il suo stile diventavano il medium attraverso cui si propaga la sensibilità del fotografo.

Ghirri non fu solo un abile utilizzatore del colore, ma fu anche uno dei suoi primi pionieri. La pellicola a colori era infatti piuttosto malvista ai tempi e considerata tipica delle pubblicità e delle cartoline. Un’altra particolarità del suo stile fotografico era la notevole carenza di persone: Ghirri desiderava fotografare l’uomo per lo più attraverso gli oggetti e i luoghi della sua vita, oppure nelle sue mani, dove le persone diventavano strumenti attraverso i quali si esplicano le idee.

Per esempio, Ghirri soleva immortalare i fotografi intenti a scattare: le persone diventavano così i mezzi con cui si manifestava la presenza stessa della fotografia nel mondo. Uno dei suoi lavori più importanti fu quello sui “non luoghi”: quegli spazi che costruiscono il nostro quotidiano, gli angoli, i corridoi, gli scorci trascurati ed invisibili. Gli scatti che ritraggono queste “banalità” sono forse i più autentici e numerosi, dove la presenza umana è rarefatta e quasi invisibile, come se quei luoghi fossero sempre esistiti indipendentemente dall’uomo.

Lo stile di Luigi Ghirri

Le fotografie “da catalogo” costituiscono un’altra grossa fetta del suo lavoro: scatti monotoni che ritraggono elementi di ovvietà quotidiana, come porte, finestre, piante e persino una raccolta di scatti sul cielo, realizzata in un anno, che cattura un’immagine al giorno per 365 giorni. Infine, il lavoro sui panorami è altrettanto articolato e prende tre direzioni particolarmente distinte: architettonica, paesaggistica e una raccolta più intima, che si concentra sugli interni.

La prima si ispira alle cartoline che Ghirri amava, ed è un lavoro molto personale che rivolge la propria attenzione non alla grande architettura dei centri storici o delle grandi opere, ma alla periferia. Gli scatti di questa raccolta hanno un aspetto quasi visionario e riscoprono l’autenticità e il fascino degli angoli più remoti della città. Tuttavia, su consiglio di Aldo Rossi, Ghirri scattò anche numerose fotografie alle opere dei grandi architetti e persino, su richiesta del governo francese, un servizio sulla Reggia di Versailles!

La particolarità di questi scatti è costituita proprio dalla mancanza di enfasi e dalla sobria neutralità che il fotografo, in perfetta linea con il suo stile, utilizzava per immortalare le acclamate costruzioni. Il contesto ambientale, l’atmosfera e il circondario erano importanti tanto quanto l’edificio, dandogli senso e significato e rendendo fondamentale il loro ruolo per completare la fotografia stessa.

Sebbene la presenza umana in molti di questi scatti fosse inevitabile, la maestria di Ghirri risiedeva nella capacità di cogliere il momento più adatto in cui ogni figura appariva distante e impersonale: gli uomini diventavano parte del contesto stesso, ma erano totalmente anonimi e inespressivi nel grandangolo panoramico.

I veri e propri paesaggi, la quintessenza della ricerca metafisica di Ghirri, erano puri e semplici, composti da pochi elementi che catturavano l’attenzione e lasciavano un vuoto attorno a sé che alimentava le sensazioni di tranquillità e nostalgia. Tra tutti i luoghi fotografati, un posto particolare nel cuore di Ghirri era occupato dai panorami emiliani: dalle sue campagne immacolate, al mare, passando attraverso la sua provincia in cui apparivano i primi segnali del benessere economico che si diffondeva a macchia d’olio nell’Italia degli anni ’70.

Tra le sue ultime opere ci sono poi numerosi scatti d’interno, in particolare nello studio del pittore ed amico Giorgio Morandi. Queste fotografie raccontano storie differenti, concentrandosi sulla vita delle persone che si animava attraverso gli oggetti del loro mestiere e del loro quotidiano.

In sintesi, Ghirri fu un fotografo che suscitò l’invidia del mondo. Un affezionato italiano e un vero e proprio poeta che fece della macchina fotografica la sua prima penna e grazie ad essa oggi possiamo apprezzare il sapore nostalgico, pacifico e introspettivo delle sue fotografie.

Alessio Fabrizi
Alessio Fabrizi
Alessio Fabrizi, fondatore di Fotografia Moderna dal lontano 2015 con l'obiettivo di creare una community unita di fotografi italiani. Cerco sempre notizie che possano interessare gli appassionati di fotografia, mi diverto a fare recensioni di attrezzature fotografiche e consigliare con guide all'acquisto le migliori alternative sul mercato per dare ai fotografi un'alternativa migliore, magari anche ad un prezzo conveniente! Iniziata come passione, Fotografia Moderna è diventata in poco tempo uno dei portali più cliccati d'Italia arrivando a raggiungere più di 1 milione di lettori.
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